No, non ho nessuna intenzione di aprire un dibattito. Perché lo so che la pasta alla carbonara può far litigare. Accapigliare addirittura! Perché la carbonara è un “piatto bandiera” della tradizione italiana e tutti presumono o di avere la unica-vera-ricetta oppure la ricetta-perfetta. O entrambe, anche se non è detto che coincidano.
La base: oltre la pasta (e già qui è difficile mettere d’accordo tutti: spaghetti, linguine, bucatini, anche pasta corta), ci vanno uova, guanciale (ma c’è la scuola della pancetta, perfino affumicata!), pecorino (ma quale? il Romano a buccia nera o possiamo derogare?) e pepe.
Il procedimento solleva già meno dibattito, ma giusto un po’. La pasta si scola e si getta nella ciotola in cui l’aspettano le uova e il formaggio e poi si aggiunge il guanciale sfrigolante, o la si passa in padella con il guanciale e poi la si unisce alle uova? Le uova siam sicuri che le lasciamo crude? Non sarebbe meglio buttarle in padella sopra il guanciale contemporaneamente alla pasta appena scolata e aggiungere dopo il pepe e il formaggio?
E chi lo sa? E chi lo deve dire qual è la ricetta VERA? Stando ai fatti – come riportato nel bel libro di Luca Cesari Storia della pasta in dieci piatti, che vi consiglio per questa della carbonara ed altre storie italiane – la prima volta che la pasta alla carbonara viene citata (solo citata, non si parla di ingredienti) ufficialmente è il 1950, in un articolo su La Stampa di Torino. Solo due anni dopo se ne parla in una sorta di guida ai ristoranti… sì, ma di Chicago.
Da lì in poi si può ben dire che la carbonara ha vissuto di vita propria. Da piatto locale, domestico, fatto (probabilmente) con i pochi ingredienti che nella campagna romana/laziale, abruzzese e dell’alta Campania erano reperibili quasi sempre, è diventato un piatto internazionale. Fatto, rifatto, inventato, maltrattato, snaturato e reso complicato, o ridotto all’osso in un tentativo di purificazione della tradizione.
Quindi… se posso esprimere la mia opinione, io direi che ognuno, a casa sua, se non infrange la legge vigente dello Stato e non maltratta bambini e animali, è libero di fare quello che gli pare. Volete metterci la cipolla, la panna, i dadini di pancetta affumicata venduti in vaschetta, l’aglio, il prezzemolo, il pepe rosa, il Grana padano, la ricotta forte? Fate pure. Magari, però, invitatemi a cena.
Volete comunicare a tutti che la vostra è la miglior carbonara al mondo? Fate. I social aiutano. Ed esiste, di certo lo sapete, il World Carbonara day, che si celebra il 6 aprile. Qualche anno fa ho partecipato anche io e ho pubblicato su Instagram la mia Carbonara scomposta.

Ma, nel privato della mia cucina, ormai seguo da anni questa ricetta. Me l’ha insegnata un docente di cucina di un Istituto Professionale per i servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera. Uova non crude, passaggi semplici, veloci e ottimizzati nell’ottica di chi un piatto di pasta alla carbonara lo deve “produrre” per lavoro. Io mi ci trovo bene, chi l’ha assaggiata si trova bene. E tanto basta. Se vi va provatela e poi fatemi sapere.

La carbonara dell’Orata
Per 4 persone
280 g circa di pasta lunga
250 g circa di guanciale
4 uova
pecorino non troppo stagionato grattugiato a piacere
pepe nero
Tagliate il guanciale a dadini non troppo piccoli (si riducono quando il grasso inizia a sciogliersi e, se sono troppo piccoli, rischiano di bruciare). Gettateli in una padella larga e bassa e lasciateli appassire a fuoco dolcissimo fino a che il grasso non diventa trasparente. A quel punto fateli tostare solo leggermente a fuoco più vivace. Spegnete il fuoco.
Lavate velocemente le uova in acqua tiepida e asciugatele.
Scaldate l’acqua salata per la pasta e, quando inizia a fremere solo leggeremente (non ha, cioè, ancora raggiunto la temperatura massima), immergetevi le uova (dentro un cestello/colino/schiumarola). Mantenete il fuoco al minimo, mi raccomando, ed estraete le uova dopo esattamente 3 minuti.
Afferrate un uovo con il guanto da cucina, o uno strofinaccio (se non avete, come me, dopo quasi quarant’anni in cucina, i polpastrelli d’amianto), rompete il guscio con un colpetto deciso dato con un cucchiaino da tè e, delicatamente, estraete tuorlo e albume solo leggermente rappresi facendoli cadere in una ciotola/zuppiera. Ripetete con gli altri tre.
Gettate la pasta appena l’acqua bolle con più entusiasmo.
Mentre cuoce, aggiungete alle uova il pecorino grattugiato e un paio di cucchiai di acqua di cottura della pasta; mescolate bene, possibilmente con una frusta a mano.
A questo punto riaccendete il fuoco sotto la padella con il guanciale.

Scolate la pasta al dente, gettatela nella padella e fatela insaporire per uno o due minuti facendola continuamente saltare, in modo che si unga bene con il grasso sciolto del guanciale.
Versate il tutto di botto nella ciotola/zuppiera con uova e formaggio, date una generosa macinata di pepe nero, mescolate e servite immediatamente.
Fatto!