Due libri grandi, belli, illustrati, pieni non solo di ricette, ma anche di spunti e idee da ri-elaborare nella propria cucina e di storie da conoscere. Uno legato strettamente alle ricette tipiche di uno specifico territorio e del popolo che da sempre lo abita; l’altro incentrato su preparazioni di più ampio respiro, a base di verdure, caratteristiche di una comunità che vive, quasi da altrettanto tempo, sparsa per il mondo.
Hazana. La cucina ebraica vegetariana di Paola Gavin (autrice di libri di cucina esclusivamente vegetariana), edito nel 2018 da Atlante, è un catalogo di ricette senza carne; quelle che le persone di religione ebraica disperse per il mondo hanno elaborato applicando i dettami in fatto di cibo e della sua preparazione tipici della propria religione (il Kasherut) a usanze locali utilizzando ingredienti locali.
Questo ha dato vita a una cucina molto varia. Dal Medio Oriente al Nord Africa, dalla Valle del Reno alla Russia all’Austria, dall’Ungheria alla Grecia all’Italia, dall’Ucraina alla Spagna, la cucina ebraica è scandita da festività e ricorrenze: il Sabato prima di tutto, poi il Capodanno, il Giorno dell’espiazione, la Festa dei lumi, la Pasqua…
Nel libro, il cui titolo significa letteralmente nutrimento e che si apre proprio con una interessante digressione storica, le ricette sono date con la solita divisione per argomento dall’antipasto al dolce, ma per ognuna è segnalata anche la zona di riferimento. Così si parte con un’insalata piccante di carciofi tipica della cucina ebraica tunisina, si passa per la zuppa di acetosa che si fa praticamente solo tra Ungheria e Romania, si aggiungono i tagliolini freddi italiani, si arriva alla torta salata di Tessalonica per finire tra la torta di nocciole tedesca e il kissel di ribes nero alla moda russa.
Un libro insomma da cui c’è molto da imparare. E anche da sorprendersi: quel piatto che ci è sempre parso famigliare, quello che magari da sempre viene portato in tavola durante le riunioni di parenti, può avere una storia più lunga di quanto si pensi. E che è cominciata lontano lontano.
Zaitoun, di Yasmin Khan (food writer inglese e attivista), pubblicato da Guido Tommasi ugualmente nel 2018, è un altro libro che parla di un popolo. Una nazione che, sebbene non abbia, di fatto, uno stato dove vivere, ha una fortissima identità e un grande senso di appartenenza a un territorio.
Con un taglio completamente diverso, Zaitoun (che significa oliva/olio d’oliva) accompagna il lettore nella Palestina del XX secolo da Jenin a Nablus, da Ramallah a Gaza attraverso mazzeh (antipasti), insalate, zuppe, piatti di carne e pesce e dolci con attenzione anche a preparazioni senza glutine o senza latticini. Alcune ricette classiche e casalinghe, altre pensate dopo una cena al ristorante, o dettate dalla disponibilità del momento in fatto di ingredienti.
Golosissimo hummus in tre versioni diverse, labneh in tutte le sue sfaccettature, fagiolini, sesamo, ocra, asparagi, grano, pomodori e peperoni, melanzane, timo, cumino, sommacco, ceci, aglio, lenticchie in ricette semplici, magari non veloci, ma semplici e piene di sapore e che si mangiano anche con gli occhi. Zuppe, pollo e agnello, gamberi e riso sotto una pioggia di za’atar. Seducenti budini speziati e crostate di mandorle e fichi, baklava e acqua di fiori d’arancio, datteri, semolino e albicocche e caffè al cardamomo.
Due libri in un certo senso complementari, di taglio diverso: stesso macroargomento, differenti applicazioni. Entrambi consigliati (anche come lettura “da divano”).