Due classici gourmand

Due mostri sacri della cultura classica francese si sono cimentati, a distanza di circa cinquant’anni l’uno dall’altro nel XIX secolo, in opere relative alla gastronomia, alla cucina e allo “stile” della loro madrepatria: Jean Anthelme Brillat-Savarin (1755-1826) e Alexandre Dumas padre (1802-1870).

Il primo era uomo pubblico, politico e giurista, ma soprattutto intellettuale e bon vivant, capace di mescolare – come era comune nell’ambiente culturale dell’epoca – scienza, filosofia, ricerca storica e riflessioni argute sui propri tempi. Il secondo era un vulcanico e, a quanto riferiscono i contemporanei, stravagante epicureo dalla vita tribolata, autore di libri, pièce teatrali, racconti di viaggio e ricostruzioni storiche in numero tale che è stupefacente gli sia bastata una sola vita (nemmeno lunghissima) per scrivere tutto.

Non credo ci sia qualcosa che ancora non sia stato detto su Physiologie du Goût, ou Méditations de Gastronomie Transcendante; ouvrage théorique, historique et à l’ordre du jour, dédié aux Gastronomes parisiens, par un Professeur, membre de plusieurs sociétés littéraires et savantes e su Grand dictionnaire de cuisine. Sono opere parafrasate, spigolate, prese a esempio, criticate, osannate e pure citate a casaccio per dare a intendere di averle lette, da chiunque, in un modo o nell’altro, si sia mai interessato di cucina, gastronomia o storia del cibo.

Il consiglio? Non lasciarsi intimorire dal fatto che sono “vecchie” di due secoli e quindi legate a doppio filo a una società e a un mondo che sentiamo lontano anni luce da noi e dal linguaggio oggettivamente ricercato e persino obsoleto, perché le pagine del Grande dizionario di cucina possono essere spassose, e quelle de La fisiologia del gusto appaganti e godibilissime.

Un esempio? Dal Grande dizionario di cucina apprenderete che la rambours è una mela di bell’aspetto e di sapore mediocre che serve solo a fare bella figura nei cesti di frutta. O vi delizierete delle circa trenta pagine dedicate alle ricette a base di pollo, dove, per altro, viene citato proprio Brillat-Savarin che, se indisposto, seguiva i consigli del medico di mangiare in bianco servendosi un’intera pollastra di Mans sostenendo così di nutrirsi, in fondo, solo di orzo e grano saraceno, poiché era ciò che aveva mangiato la bestiola per i suoi tre mesi di vita. E avrete un elenco esaustivo di tutto ciò che è commestibile, o, meglio, era ritenuto commestibile ai tempi di Dumas: da Abavo a Zuppa alla julienne passando per Cobite, Fagiano, Kari, Marasca, Piskinioff, Querquedula (che si può cucinare al ragù, all’arancia e alle olive) e Struzzo. Adesso siete curiosi, eh?

Tra le pagine de La fisiologia del gusto invece troverete molte corrette osservazioni scientifiche legate alla gastronomia: si parla per esempio di proteine, albumina, del valore del glutine negli impasti, ma anche di come la scoperta del fuoco abbia portato l’uomo a un maggior consumo di carne e come abbia stimolato il suo ingegno nell’invenzione di recipienti e altri attrezzi. Concetti modernissimi. Ma anche numerosi aneddoti relativi a episodi accaduti in occasione di banchetti e conviti, o appunti (gastronomici) di viaggio che comprendono cose ben curiose. Per esempio come cuocere intero un enorme rombo utilizzando un tino, delle cipolle e della sabbia fine. Una lettura piacevolissima, arguta e… istruttiva.

In Italiano l’edizione più bella di entrambi i testi è sicuramente, come indicato, quella di Sellerio.

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