Storia del dessert

storia del dessert

L’essere umano è istintivamente portato alla ricerca del dolce; dolce è il sapore del latte materno e quindi dolce è il primo sapore che (si spera) ogni bambino sente e ama. Ed è significativo che in tutte le lingue esistano dalla notte dei tempi metafore che alludono al dolce e alla dolcezza per illustrare qualcosa di bello, piacevole, appagante per ognuno dei nostri sensi.

Ma il passaggio dal puro e semplice gusto per il dolce – reale o metaforico che sia – ai prodotti della pasticceria, quella “di casa” così come quella “alta”, è tutto culturale e cambia da nazione a nazione.

Se è vero che non abbiamo bisogno specificamente di mousse au chocolat, di bignè o della torta ai pinoli della zia per sopravvivere, perché gli zuccheri che servono al buon funzionamento del nostro corpo li assumiamo con tutto il cibo, è altrettanto vero che una bella cucchiaiata di crema, o una fetta di torta possono risolvere in positivo una giornata, regalandoci un momento di piacere e migliorandoci l’umore.

Ecco perché in tutte le culture, in ogni parte del mondo – quale più quale meno, principalmente per ragioni climatiche e storiche – esistono i dolci: piatti dolci, dessert veri e propri, snack, merende, dolci rituali. Ricette alla portata di qualsiasi massaia si affiancano alle elaborate opere d’arte dei maestri pasticcieri.

Michael Krondl, giornalista americano specializzato nel food, ci accompagna, nelle oltre 350 pagine del suo Storia del dessert pubblicato da Odoya, in un viaggio attraverso la cultura dolciaria di sei luoghi del mondo: India, Medio Oriente, Italia, Francia, Austria e Stati Uniti.

Materie prime; attitudini e abitudini degli abitanti di questi sei luoghi; ragioni, mode, credenze, circostanze e contingenze che hanno portato al diffondersi di determinate ricette e alla decadenza di altre attraverso i vari periodi storici.

Fino a giungere all’oggi, quando i più tremendi orrori dolciari (leggi: merendine, precotti, preparati, bustine, polverine, aromi artificiali, conservanti di sintesi…) sono diventati ormai un fattore di quella globalizzazione in negativo di cui faremmo volentieri a meno.      

Una globalizzazione che non intacca l’arte dei pasticcieri – la quale, anzi, procede spedita verso vette fino a pochi anni fa impensabili – ma rischia però di spazzar via la (vera) supercasalinga torta di pinoli della zia. Un libro molto piacevole con tantissime informazioni utili, aneddoti storici e curiosità e brevi biografie di pasticcieri famosi.

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