A colazione

a colazione

In recenti sondaggi l’85% degli italiani dichiara di fare colazione ogni mattina, e due persone su tre bevono caffè. Quelli che lo prendono al bar spesso lo miscelano variamente con un qualche tipo di latte in quella lista quasi infinita che parte con il “normale” cappuccino e finisce in una babele di macchiati, marocchini, spruzzati, tiepidi, freddi, bollenti, schiumati con latte di soia, mandorla, avena etc etc.

Regione che vai…

La stragrande maggioranza di coloro che fanno colazione preferisce in generale mangiare qualcosa di dolce; solo il 7% fa colazione con il caffè abbinato a qualcosa di salato. Probabilmente solo quei genovesi che puciano con voluttà la loro fantastica focaccia nel cappuccino e alcuni cagliaritani che non rinunciano alla loro saporitissima (e quasi mitologica) pizzetta sfoglia con pomodoro e acciughe.

Al netto delle mode e di estreme abitudini regionali, gli italiani amano sedersi al bar e ordinare un cappuccino e… una brioche, una brioscia, un cornetto, una pasta, un croissant. Tutti dolci. E qui viene il bello. Intanto il cappuccino, che è una invenzione relativamente recente, visto che non esisteva prima delle macchine professionali per il caffè. Che sono comparse già all’inizio del XX secolo, ma si sono diffuse davvero solo dopo la Seconda Guerra Mondiale. Prima al massimo si beveva un caffellatte, anche se variamente miscelato.

Le parole sono importanti

Ma la cosa più interessante è decodificare brioche, cornetto e croissant. A Milano vado spedita e ordino cappuccino & brioche aspettandomi di ottenere un dolce friabile, vaporoso, lucido a forma di mezzaluna. Qui a Sassari sono sempre un po’ incerta: sono passati quasi vent’anni eppure ancora non riesco a dire “una pasta”, dico cornetto, croissant, a volte mi sfugge anche brioche e spero che il cielo me la mandi buona. Accade di rado: devono seguire spiegazioni.

A colazione

Per me la brioche associata al cappuccino è sia il cornetto (romano), sia il croissant (francese), non la vera brioche. Infatti la brioche è un dolce lievitato – lievito di birra o lievito madre – con poco zucchero e molte uova; si cuoce in uno stampo, sia in forme piccoline e individuali, simili a quelle per un piccolo pandoro, sia in stampi grandi, simili a quelli per i plumcake, dove l’impasto si dispone a palline affiancate, che, lievitando, si fondono in una forma unica, ma facilmente divisibile con le mani (non si usa coltello).

Il fascino della storia

L’origine della brioche è antica, quasi sicuramente medievale e quasi sicuramente si può collocare in Normandia. Tanto che il nome deriverebbe da un termine proprio del dialetto normanno, che oggi è broyer e un tempo brier, che significa, in pratica, impastare aiutandosi con un broye (o brie), un particolare attrezzo di legno. Molto probabilmente, però, all’inizio la brioche era un pane “normale”, che divenne dolce per incontrare i gusti dell’aristocrazia di Parigi, dove veniva esportato già ai tempi di Luigi XIV. La lavorazione della brioche è lunga e laboriosa, prevede varie fasi di lievitazione e diversi impasti con l’aggiunta di burro.

Ah, ovviamente la brioche non è il pan brioche (o pain brioché)! Quello lo so fare anche io ed è un tipo di pane lievitato (in genere si usa lievito di birra o anche lievito istantaneo), cotto in stampi, poco dolce perché si abbina con piatti, salse e patè salati e viene servito a fette. Si può arricchire e aromatizzare a piacere.

Il cornetto, invece, ha un nome molto simile al croissant francese, ma non è la stessa cosa. Nell’impasto ci vanno farina, uova, sale, lievito e almeno un 10% inziale di burro e la lavorazione è simile a quella della pasta sfoglia con l’aggiunta, man mano che si procede, di un altro 20-25% di burro. L’origine è austriaca. A Vienna già nel XIII secolo si preparava il chipfen, un dolce a forma di mezzaluna che pare –  le notizie si perdono nella notte dei tempi – fosse retaggio di antichissimi riti legati al culto della luna. La leggenda vuole che, scampati all’assedio dei Turchi nel 1683, i viennesi, o, meglio, i panettieri viennesi, che avevano di fatto sventato l’attacco dei Turchi dando l’allarme grazie alle loro abitudini mattutine, si inventarono un dolce chiamato kipferl per festeggiare. Era a forma di mezzaluna, in beffardo omaggio agli sconfitti. Da Vienna al resto dell’Impero, quindi in Italia.

a colazione

Ma anche il croissant è a forma di mezzaluna… infatti alcuni dicono che fu la giovane Maria Antonietta, nel 1770, a diffondere l’usanza austriaca di fare colazione con un kipferl anche in Francia. Molto probabilmente è una leggenda, perché, in realtà, i primi documenti certi in merito collocano i kipferl tra le specialità della Boulangerie viennoise, aperta a Parigi dall’austriaco signor August Zang solo nel 1838.

E, siccome i francesi non erano abituati ad ammettere che anche nelle altre tradizioni culinarie c’è del buono, presto trasformarono i kipferl in croissant omettendo le uova nell’impasto, ma aggiungendo un sacco di burro, che deve attestarsi sul 40% dell’insieme degli ingredienti. La pasta si sfoglia, o meglio si lamina (si tira e si stende) almeno 6 volte aggiungendo via via il burro. C’è poco zucchero, infatti i croissant possono essere imbottiti con farciture salate, mentre non li troverete mai ripieni di marmellata o, peggio, cioccolata. Per quello c’è il pain au chocolat!

a colazione - pan brioche con farina di castagne e miele

Rimane da individuare la brioscia. Che è una felicissima evoluzione della brioche francese – quella negli stampini piccoli, detta anche brioche a tête, perché può avere un… bozzo di impasto simile a una pallina/testolina – inventata a Napoli e diffusissima in Sicilia. Dove la chiamano, non a caso, brioscia col tuppo (chignon, crocchia di capelli) e, per tradizione, la aromatizzano con acqua di fiori d’arancio o ciliegie candite, scorza di limone o vaniglia.  

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