Oggigiorno tutti conoscono l’hummus, per averlo assaggiato almeno una volta durante un viaggio, o in un “ristorante etnico” o di cucina fusion. Si tratta di una crema di ceci e di pasta di semi di sesamo (tahina) con olio, aglio, limone, sale e spezie.
Mille versioni

Le versioni però sono moltissime; non esiste una sola ricetta e le personalizzazioni sono infinite. La diffusione poi è vasta: dall’Egitto al Libano – dove si dice sia nato – attraverso Turchia, Siria, Giordania, Palestina… Climi e tradizioni diverse, diverso uso delle eventuali (ma non obbligatorie) spezie. Inoltre il fatto di essere una preparazione completamente vegetariana rende l’hummus compatibile con i precetti relativi alla dieta di qualsiasi religione.
Molti credono che prepararlo sia una cosetta da nulla; si apre un barattolo di ceci precotti e li si frulla nel bicchiere del mixer insieme con tutti gli altri ingredienti. Ma, in realtà, se l’hummus è preparato con materie prime di ottima qualità e con un procedimento lento il sapore cambia. Eccome. Se, poi, con il tempo e la pratica, si stabilisce, attraverso il proprio gusto, il giusto equilibrio tra il limone e la salsa di sesamo, tra la quantità di aglio e quella della propria miscela di spezie preferite… non si riuscirà più a farne a meno.
E questo senza tirare in ballo le mille e mille ricette dell’hummus preparato industrialmente e commercializzato in varie forme nei supermercati di tutto il mondo. Che vi sconsiglio. Così, in blocco. Per partito preso, sì.
Mille (no, dai, meno) consigli
Per le proporzioni un’ottima guida è la ricetta proposta dal bellissimo libro Pop Palestine. Viaggio nella cucina popolare palestinese, edito da Stampa alternativa nel 2016 e ristampato in una nuova versione nel 2024. Ma in rete potete trovare – solo in italiano – qualcosa come tremilioniottocentomila occorrenze (ho controllato).
I ceci devono essere di ottima qualità; vanno messi a mollo, in abbondante acqua pulita, in una grande ciotola, 24 ore prima dell’uso (in questo modo si riducono i tempi di cottura) e successivamente lessati fino a che non siano teneri – ma non disfatti! – in acqua con sedano, carota e cipolla e niente sale.
I limoni da utilizzare devono essere freschi, sugosi e il succo va spremuto e filtrato al momento; l’olio è meglio che sia un buon extravergine di oliva.
I semi di cumino – se li usate – vanno pestati nel mortaio, non frullati con gli altri ingredienti e le altre spezie – io, per esempio, a volte aggiungo il fieno greco, ma più spesso il sommacco – vanno aggiunte pian piano, assaggiando. Anche la quantità di pasta di sesamo (tahina) da aggiungere è soggetta al gusto personale. L’aglio va comunque crudo; se ha il germoglio centrale bisogna eliminarlo.
Se la crema appare troppo consistente si rimedia aggiungendo un pochino di acqua di cottura dei ceci (o, vabbè, di quella di governo del prodotto già pronto). In mancanza meglio acqua pura.

L’hummus si fa mangiare da solo, a cucchiaiate se siete golosi, ma in generale lo si accompagna con il pane – qualsiasi pane buono va bene, croccante o spugnoso – e si abbina con tantissime verdure – zucche, funghi, peperoni, melanzane… – e persino frutta (con l’uva, tanto per dirne una) e frutta secca come pinoli o noci; può fare da base alle insalate fresche e accompagnare, come tradizione, i falafel, che, il più delle volte, sono a loro volta composti di ceci.
Hummus: le parole sono importanti
La decorazione finale prevede in genere alcuni ceci interi e prezzemolo tritato. Ma potete inventarne una nuova ogni volta. Un’ultima cosa, che è molto importante: hummus è una parola araba che significa ceci: quando si dice hummus si intende perciò sempre comunque e solo ceci con, eventualmente, tahina, limone, aglio e spezie; la parola non può indicare altre salse a base di altri legumi come fave, lenticchie o fagioli.