Su filindeu: la pasta sarda oltre la pasta

filindeu nel cesto

Su filindeu è un formato di pasta. Che detto così pare semplice. In Italia di paste ne abbiamo tante… Ma su filindeu è unico al mondo, viene da lontano (nel tempo e, forse, nello spazio), è raro e la definizione “formato di pasta” appena lo si vede appare decisamente riduttiva.

Sensibilità e manualità

filindeu steso al sole

In pratica si ottiene stendendo, sovrapposti ad arte, su una tavola circolare chiamata su fundu, tre strati di fili finissimi di pasta (semola e acqua, un po’ di sale e nient’altro) fino a ottenere un risultato simile a un delicato tessuto semi-trasparente. Ma la tecnica è complessa e richiede sensibilità e manualità: si parte da un lembo di impasto opportunamente lavorato fino a ottenere la giusta elasticità e consistenza; lo si ripiega su se stesso e, tirandone gli estremi per otto volte, si ottengono dei “nastri” formati da ben duecentocinquantasei finissimi fili di pasta, che vengono adagiati delicatamente fino a rivestire tutta la superficie del fundu.

Terminato il primo strato, si procede con il secondo e con il terzo, ruotando il supporto in modo da ottenere un delicatissimo foglio di pasta, che verrà poi essiccato al sole. Simile a un tessuto, una garza di pasta.

Detto così tanto semplice non pare più, vero? Infatti, fino a pochissimi anni fa coloro che si cimentavano nella lavorazione di questa pasta non erano che una decina in tutto il mondo. Oggi, per fortuna, gli appassionati capaci di produrre il vero filindeu sono aumentati e non bisogna più essere iscritti alla Carboneria per poterne avere un po’ da gustare a casa o in alcuni (pochi) ristoranti, sull’isola e in giro per il mondo. Fermo restando che rimane un cibo “raro” e che – inutile precisarlo – il filindeu si fa rigorosamente a mano.  

Su filindeu: dove e quando?

su filindeu 2

Quando sia nato il filindeu è ancora un mistero; la Sardegna era presente in maniera competitiva sul mercato della pasta essiccata già dal XVI secolo, tenendo testa alla produzione pastaria di Sicilia, Campania e Liguria. Su un registro doganale del XV secolo c’è una lista di derrate (nello specifico paste di grano) pronte per la spedizione oltremare in cui si legge:  […] Andarines, Macarrones, Fideos, Lisaños, Tallarines, Arroz de Pasta, Frigola, […]

Quel fideos potrebbe essere il filindeu; infatti il termine spagnolo (tuttora in uso) fideos, deriva a sua volta dall’arabo fidaws e indica un formato di pasta filiforme noto come capellini o fidelini. Probabile che la parola sarda findeus/filindeu, attuale nome di questo originale formato di pasta, sia quindi mutuato dallo spagnolo. Ma ciò, in effetti, non ci vieta di pensare che la tradizione risalga a molto prima dell’arrivo degli spagnoli sull’isola.

Amici lontani

Se nel resto d’Europa, o nel bacino del Mediterraneo, non ci sono tracce di formati di pasta nemmeno vagamente simili, o che sembra abbiano radici comuni con questa pasta tutta sarda, invece in Cina da più di cinquecento anni si produce una pasta chiamata la-mian la cui lavorazione è identica a quella applicata a su filindeu. Partendo da una porzione di impasto e tirandone e ripiegandone i lembi, si ottiene un fascio di capellini finissimi, di numero variabile in base all’abilità e al gusto del cuoco. La differenza sostanziale è che si usa farina di grano tenero e che, in genere, la pasta non si fa seccare, ma si cucina subito, rigorosamente in brodo. Il termine la-mian significa letteralmente impasto di grano tirato a mano.

In Giappone esistono paste di chiara derivazione cinese, sempre di grano tenero, tra cui i famosi ramen (parola che deriva appunto da la-mian) e i finissimi somen, anch’essi ottenuti dall’estensione di delicatissimi fili di impasto, poi essiccati per la conservazione.

Su filindeu: “magia” e spiritualità

su filindeu in brodo

Ma solo qui in Sardegna questa pasta particolare assume anche un significato spirituale. Il filindeu è infatti legato a doppio filo (perdonate la battuta…) con la festa dedicata a San Francesco di Lula. Da oltre cinquecento anni, infatti, a Lula, nella regione storica delle Baronie, in provincia di Nuoro, il 4 ottobre si celebra la festa di San Francesco con un pellegrinaggio notturno. Moltissimi fedeli percorrono circa trenta chilometri a piedi, partendo dalla Chiesa della Solitudine di Nuoro fino a raggiungere, alle pendici del Montalbo, il santuario campestre dedicato al Santo di Assisi.

I pellegrini si raccolgono nelle cumbessias – le casette disposte a cerchio intorno alla chiesa campestre (a questa come a moltissime altre in tutta la Sardegna) costruite appositamente per accogliere viandanti e devoti – e consumano tutti insieme un pasto a base di filindeu in brodo di pecora con tanto pecorino fresco. Da un lato una sorta di offerta spirituale del meglio della civiltà agropastorale e dall’altro il rinnovarsi di un senso di comunità, fondamentale per genti che – storicamente – hanno vissuto in isolamento contando solo sulle proprie forze condivise.

In cucina

su filindeu 3

E questo dice la storia. La cucina, invece? Il filindeu in brodo di pecora rimane IL piatto principe, ma questa pasta può essere interpretata in molti altri modi, così come alcuni giovani cuochi creativi stanno facendo in giro per l’isola e non solo. Il mondo si muove veloce, ma quella specie di… magia (chiamiamola così, in mancanza di un termine più preciso), quello stupore insomma che fa dire OH! che si sprigiona nel momento in cui il filindeu nasce dalle mani abili di una maestra – o un maestro – di pasta è impagabile. E spezzare il delicato tessuto tondo prima di cucinarlo è una specie di rito a cui ogni volta si sente di partecipare.  

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